Dall’ inizio di quest’anno si sente spesso parlare sui giornali, dalla TV, dagli organi di governo, che la crisi economica che ha investito il nostro Paese ormai dieci anni fa sarebbe ormai dietro alle nostre spalle.
Siamo sicuri?
Uscire dalla crisi dovrebbe significare, intuitivamente, che la nostra economia sia ritornata a crescere. Ma in che senso?
In relazione al PIL, al reddito pro capite, al risparmio individuale, alla capacita di spesa individuale… in base a cosa esattamente?? Eh?!? (se vuoi saperne di più clicca qui)
Termini come PIL, reddito pro capite, risparmio e spesa sono concetti, diciamoci la verità, anche diversamente interpretabili in base alle situazioni. Quello che conta è la vita vera, quella che tu imprenditore trascorri nella tua azienda tra fornitori poco seri, clienti che pagano con ben più di qualche difficoltà, banche che chiudono i rubinetti, burocrazia ormai arrivata a livelli asfissianti.
Quindi,
COSA VUOL DIRE PER TE IMPRENDITORE USCIRE DALLA CRISI?
Chiarisco subito un concetto fondamentale, che secondo la mia esperienza personale e professionale, fa tutta la differenza del mondo. Fare impresa in Italia è difficile. Dannatamente difficile. Coloro che decidono di aprire partita IVA in Italia in questo periodo storico sono ai miei occhi dei veri e propri eroi perché, prima ancora di confrontarsi con il mercato, devono affrontare tutte le insidie che il nostro “Sistema” Paese pone di fronte a loro, e che purtroppo ogni imprenditore conosce fin troppo bene.
Ma premesso ciò, il vero imprenditore eroe e quello che apre partita IVA e prospera NONOSTANTE tutti queste insidie.
È assurdo il solo pensare che Stato, Sistema bancario, Europa si fermino, rivolgano il loro sguardo benevolo verso di te e ti chiedano “Cosa posso fare per aiutarti”?
È brutto, forse ingiusto, ma la situazione è questa.
E ALLORA, NELL’INDIFFERENZA GENERALE, COSA PUOI FARE?
PASSO NUMERO UNO. TAGLIARE QUELLO CHE NON SERVE.
Probabilmente, negli anni passati della bufera economica, come imprenditore hai dovuto operare dei tagli, dolorosi ma necessari.
- Probabilmente hai tagliato il tuo compenso mensile o annuale, cercando di vivere dei risparmi accumulati in anni dove la situazione era più stabile.
- Oppure hai risparmiato sui costi del personale, dovendo licenziare alcune persone che lavoravano per te perché gli ordini si sono ridimensionati e allora la tua impresa e diventata necessariamente “più piccola”.
- O, ancora, hai ridotto il costo per le consulenze esterne, per il marketing, per la pubblicità… Se di clienti non ce ne sono, per cosa li paghi a fare?
Tendenzialmente, hai fatto bene. La prima cosa intelligente da fare quando i tempi si fanno duri e risparmiare, in primis ridurre i costi.
Se ci pensi, è proprio il prezioso insegnamento di qualche generazione fa. In tempi di guerra, cosa si fa? Si riducono le spese, ci si accontenta di poco, si aspetta che la situazione sia meno turbolenta.
MA… C’E UN MA… In base a quale criterio hai tagliato i tuoi costi? Se lo hai fatto in modo irrazionale, senza alcuna pianificazione… hai fatto molto male. Mi spiego meglio.
Se la tua rete vendita è composta principalmente da agenti che promuovono i tuoi prodotti, ridurre loro le provvigioni e gli incentivi probabilmente non è stata una grande idea… Inevitabilmente, essendo anche loro stessi imprenditori, mica hai pensato di pretendere che ti portassero gli stessi risultati ad un costo inferiore, vero? Tu lo faresti? Spero proprio di no…
Fammi indovinare, nella migliore delle ipotesi i contratti conclusi erano inferiori al passato e di importo più basso, o addirittura hai perso I tuoi venditori migliori perché hanno deciso di lavorare per la concorrenza o per un’azienda più grande… C’è modo e modo di tagliare I costi.
- Modo intelligente, che ti permette di risparmiare sul superfluo;
- Modo irrazionale, che spesso è controproducente (nell’esempio, la riduzione del costo della rete vendita ha causato anche un calo del fatturato… giusto?)
PASSO NUMERO DUE. RISTRUTTURARE
La crisi economica degli ultimi dieci anni impone una rivoluzione nel nostro modo di fare impresa. In Italia, tradizionalmente, il tessuto imprenditoriale e composto dalle c.d. PMI, ossia aziende con fatturato inferiore ai cinquanta milioni di Euro che impiegano meno di 250 dipendenti.
Credo fermamente che essere “piccoli” non sia necessariamente uno svantaggio come tanti ci vogliono far credere, anzi. Ad esempio, essere piccoli vuol dire anche essere molto più rapidi a cogliere opportunità che ai grandi gruppi internazionali sfuggono perché hanno una struttura organizzativa talmente complessa che prendere decisioni strategiche, e soprattutto attuarle, comporta mesi e mesi di riunioni, analisi di mercato e di strategie di marketing. Premesso, ciò, questo non vuol dire che passata la tempesta si debba ritornare a fare quello che si faceva prima, aspettandosi il ritorno dei tempi delle vacche grasse. Il mondo è cambiato, è interconnesso, ed è assolutamente necessario stare al passo con i tempi. COME?
Dopo aver tagliato in modo intelligente i tuoi costi, devi chiederti come la tua impresa può sopravvivere nel mercato di oggi (e non in quello di ieri J). Il tuo business ha ancora senso? Operi in un mercato dove alla tua impresa può ancora essere riconosciuto un valore aggiunto? Mi spiego meglio…
- Il tuo settore di riferimento è in espansione, è stabile o è in recessione?
- Ha senso per la tua impresa aumentare la quota di mercato (e come la misuri?) o piuttosto è meglio adattare il tuo prodotto e cambiare mercato di riferimento?
- I tuoi clienti target sono ancora interessanti, oppure e necessario ripensare al tuo posizionamento e rivolgerti ad un altro tipo di clientela?
È fondamentale che tu ti ponga queste domande, e la risposta non può essere uguale per tutti. Ci sono mercati che presentano una crescita lenta ma stabile (ad es. GDO), mercati profondamente innovatori che hanno crescita veloce ma discontinua (es. nuove tecnologie), mercati dove si è più forti se si condivide la vision e la progettazione dei prodotti con altre imprese (es. Apple). Uscire dalla cosiddetta crisi è possibile, e potrei portarti tantissimi esempi (es. American Express, AIG…). Ho deciso invece di parlarti di un caso tutto italiano, di una PMI italiana proprio come la tua.
UN CASO DI SUCCESSO. RiFRA.
Ho avuto il piacere di ascoltare uno speech di Matteo Rivolta, Presidente e Amministratore delegato di RiFRA, ad un evento rivolto agli imprenditori nel 2016. Ecco la storia di questa realtà tutta italiana.
RiFRA nasce negli anni trenta (!) grazie a Giovanni Rivolta che avvia la propria bottega di falegnameria nel bergamasco. Col passare degli anni (e dei tempi duri della Guerra), entrano in azienda prima il fratello Emilio, poi i figli e le generazioni successive. L’azienda si concentra nei primi decenni di vita prevalentemente sulla produzione per conto terzi di opere di falegnameria e di arredi completi, destinati soprattutto ad industrie del settore che richiedono un prodotto di accurata esecuzione (sono gli anni infatti nei quali l’arredo è vissuto più che mai come un bene durevole, destinato ad accompagnare la vita famigliare per decenni).
Negli anni settanta l’attività si concentra nella produzione di scarpiere e di piccoli mobili per il bagno. La produzione, ancora per conto terzi, col passare del tempo si specializza in riferimento all’ambiente bagno per poi ampliarsi a quello della cucina.
Negli anni ottanta avviene, coraggiosamente, una piccola rivoluzione. RiFRA si evolve da produttore conto terzi a impresa che progetta, realizza e commercializza prodotti di altissima qualità e ricerca stilistica col proprio marchio. La crescita è lenta ma inarrestabile. Nei primi anni duemila RiFRA partecipa per la prima volta al prestigioso Salone del Mobile di Milano, al pari di altre eccellenze del settore del design.
Arrivano gli anni della famigerata crisi… Nel bergamasco, chiudono imprese di famiglia prestigiose e dalla lunga storia. Chiude la Biffi, leader di settore, specializzata nella realizzazione di campi da calcio e impianti sportivi a livello nazionale ma non solo.
Chiude Lombardini, azienda storica di ipermercati, centri commerciali e discount con più di ottant’anni di storia. Chiudono marchi storici del settore tessile, come Legler e il Cotonificio Honegger. Nel settore del mobile, ben 11.692 aziende artigiane e produttori di mobili chiudono i battenti tra il 2009 e il 2015. Escono di scena nomi storici e prestigiosi, cambiano i protagonisti. Lo shock e tale che solo una cosa e certa: nulla sarà più come prima. E RiFRA cosa fa? In anni dove forte è la tentazione di abbassare i prezzi, diversificare allo stremo la produzione possibilmente delocalizzandola in Paesi dove il costo di produzione è più basso che in Italia, RiFRA punta tutto sul Made in Italy.
In modo assolutamente controintuitivo, investe in Italia e riposiziona il proprio prodotto destinandolo ad una clientela prestigiosa e altospendente. RiFRA esporta oggi ben l’85% del proprio fatturato, in particolare Europa, Stati Uniti e Russia. Arreda con gusto le ville più prestigiose del mondo. Se vuoi saperne di più, guarda l’intervento che il Presidente e Amministratore delegato di RiFRA ha tenuto all’Università di Bicocca – Milano.