Travolta dalle notizie su Fca dello scorso weekend, lunedì ho voluto prendermi qualche ora per approfondire l’operato di Sergio Marchionne, che era riuscito nel miracolo, ormai ben più di dieci anni fa, di salvare la Fiat dal baratro del fallimento.
Al di la delle chiacchiere, della santificazione di un uomo che non si sapeva se ce l’avrebbe fatta, mi interessava capire, comprendere, imparare dal manager. E dopo una ricerca interessante e appassionata, avevo scritto l’articolo che trovi in basso. Purtroppo, come sappiamo, le condizioni di Sergio Marchionne sono precipitate e dopo qualche giorno è morto.
A questo punto mi si era posto un dilemma: pubblicare o no l’articolo?
Tra la voglia di condividere ciò che ho trovato interessante e il rispetto per un manager – ma soprattutto un uomo – che ha dato tanto, ho scelto di pubblicare. Non ho cambiato una parola. E non ho scelto nessuna immagine, in segno di rispetto. Trovi l’articolo qui. Buona lettura.
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In questi giorni non si fa che parlare di FIAT, a partire dalla convocazione dei CDA (Consiglio di Amministrazione, ossia l’organo di governo delle società di capitali) delle maggiori società del gruppo per la nomina dei nuovi Amministratori Delegato, fino alle condizioni di salute – gravissime – dell’ex A.D. Sergio Marchionne, ricoverato da settimane in una clinica svizzera. Sergio Marchionne è una figura estremamente controversa, osannato come un manager estremamente capace, intelligente e illuminato, odiato da tanti (soprattutto dai sindacati e lavoratori).
Ma come sai, davanti ai numeri le chiacchiere stanno a zero.
In questo articolo ho deciso di parlarti di alcune strategie aziendali che hanno consentito a Sergio Marchionne di risanare la Fiat, salvandola da un imminente crack finanziario e facendola diventare in pochi anni un colosso mondiale dell’automobile. Le tre specifiche strategie che ho scelto per questo articolo sono state attuate in un periodo storico ben preciso (tra il 2001 e il 2006). Credo possano essere molto utili anche a te, anche se hai un’azienda più piccola e non vendi automobili (ma qualsiasi altra cosa…). Ma innanzitutto.
Chi è Sergio Marchionne?
Sergio Marchionne nasce in Abruzzo, nel 1952, da padre maresciallo dei carabinieri. Da bambino con la famiglia si trasferisce in Canada, dove Sergio si laurea prima in filosofia (“L’ho scelta semplicemente perché sentivo che, in quel momento, era una cosa importante per me”), poi in giurisprudenza (con il massimo dei voti), per poi conseguire un MBA (Master in Business Administration). Non diventa subito il manager che conosciamo oggi.
Prima esercita come Commercialista (lo avresti mai detto?!), procuratore legale, avvocato, esperto contabile diplomato, fino ad arrivare, nel 2002, in SGS. società svizzera che risana in soli due anni. Quanto arriva in Fiat, nel 2003, è già molto stimato negli ambienti economici e finanziari internazionali.
La situazione di FIAT nel 2003
Il 10 dicembre 2001 FIAT rese pubblico lo stato di emergenza, facendo temere per un imminente crack finanziario. In quell’anno il gruppo chiuse con una perdita di 445 milioni di Euro e una posizione finanziaria netta passiva (=debiti meno crediti) per oltre 6 miliardi; un’enormità.
Dal 2001 fino alla sua entrata sulla scena si erano passati il testimone già quattro Amministratori Delegati che non erano riusciti nella missione (quasi impossibile) di salvare la Fiat dal baratro. L’errore comune che era stato fatto fino ad allora era quello di concentrarsi sul risanamento finanziario, prima di quello industriale. Detto in parole povere, i predecessori di Marchionne erano troppo occupati a gestire il debito, piuttosto che a pensare come rilanciare le vendite e recuperare velocemente redditività (altrimenti i debiti come li paghi?!) Cosa ha fatto Marchionne quando ha preso il timone della Fiat nel giugno 2004?
1. FOCALIZZAZIONE
All’inizio del 2002 la Fiat era sostanzialmente un conglomerato di diverse attività, che erano state avviate perché gli amministratori precedenti ritenevano che il mercato dell’auto fosse ormai maturo e che non garantisse tassi di redditività soddisfacenti.
Il gruppo Fiat aveva attività nei settori delle automobili, nelle macchine per l’agricoltura e le costruzioni, nei veicoli industriali, prodotti metallurgici, componenti, mezzi e sistemi di produzione, aviazione, editoria e comunicazione, assicurazioni, servizi. Insomma, di tutto e di più, e il tutto troppo complesso da gestire.
Sergio Marchionne decise allora che il gruppo Fiat doveva concentrarsi in quello che sapeva fare meglio: le auto. E quindi si liberò di quasi tutte le attività collaterali, sostituendole con partnership e sinergie che hanno permesso a Fiat, negli anni successivi, di ridurre i costi e avere accesso ad altri mercati (Turchia, Iran, Russia, Cina, India e Argentina).
2. RIORGANIZZAZIONE INTERNA
C’era un generale pessimismo nei confronti di Fiat. Non soltanto nella comunità finanziaria e nell’opinione pubblica, ma anche all’interno dell’azienda. Sergio Marchionne, dopo aver passato i primi quaranta giorni del suo incarico a visitare la maggior parte degli stabilimenti, aveva deciso di evitare possibili chiusure.
I dipendenti di Fiat in quegli anni sono aumentati anziché diminuire, passando da circa 161.0000 nel 2004 alle circa 174.000 alla fine del 2006.
“La Fiat ha fatto registrare nel 2004 perdite per circa 820 milioni di Euro. Chiudere uno stabilimento riduce i costi fissi di 35 milioni di Euro. Queste cifre dimostrano che fermare un impianto ha un’influenza marginale.”
Al contrario, però, il rinnovamento del management è stato rapido e radicale e ha visto tanti manager liquidati in poche settimane da Marchionne, impegnato a tagliare rami secchi e sacche di inefficienza.
3. RAFFORZARE LA PROPRIA PRESENZA SUI MERCATI
Effettivamente il mercato dell’auto non stava vivendo un momento felice. Le immatricolazioni delle autovetture in Italia erano sensibilmente diminuite dal 2000 al 2003 (- 7%), e la quota di mercato di Fiat era passata dal 43,45% del 1996 al 27,95% nel 2003: un disastro.
Il marchio Fiat aveva perso fascino ed era diventato purtroppo sinonimo di scarsa qualità; pur di raggiungere certi volumi di vendita aveva compiuto delle “forzature” (ad esempio puntando sulle “chilometri zero” per accrescere la propria quota di mercato) che però ne danneggiavano l’immagine e si erano rivelate controproducenti nel lungo periodo.
Per rimediare, Fiat ha incrementato il livello di servizi associati alle autovetture, ha associato spesso il marchio “made in Italy”, rinnovato i marchi.
- Fiat: marchio giovane orientato maggiormente ai giovani (Panda, Punto)
- Lancia: marchio sinonimo di eleganza e classe, maggiormente orientato alle donne (Ypsilon, Musa, Delta)
- Alfa Romeo: marchio sportivo rafforzato grazie alla costituzione del polo sportivo Alfa-Maserati (GT. Crosswagon, Brera, 939)
- Fiat Veicoli Commerciali, focalizzata sulla versatilità e l’ottimo rapporto qualità prezzo (New Scudo, New Ducato)
Questa strategia si è rivelata fondamentale per acquisire nuovi clienti, rafforzare la propria quota di mercato in Italia ed in Europa, entrare in mercati emergenti. I risultati?
Nel 2006 Fiat Auto ha consegnato 1.980.300 vetture nel mondo, il 16,7% in più rispetto al 2005, crescendo più dei principali mercati in cui opera: in Europa le vendite sono aumentate in quell’anno del 17% circa malgrado una crescita complessiva del mercato dell’auto fosse solo dello 0,7%.
Queste erano le tre principali strategie che hanno permesso a Sergio Marchionne di salvare la Fiat dal crack finanziario. E’ servito tanto coraggio, tanta lungimiranza. Sono strategie che puoi utilizzare anche tu, anche se non gestisci una multinazionale e non vendi automobili. E’ un percorso complesso che deve essere attentamente monitorato, numeri alla mano.