Da quando ho memoria, ho sempre voluto fare il commercialista.
Sono figlia di imprenditori, la maggior parte dei componenti della mia famiglia gestisce una propria impresa, e ricordo molto bene il senso di rispetto, fiducia e ammirazione che i miei genitori avevano nei confronti del consulente che li seguiva.
Per ogni dubbio, ci si rivolgeva al “ragioniere”.
Per ogni problema, il ragioniere era colui che con una parole era in grado di rasserenare gli animi, riportando la serenità in famiglia, e quindi in azienda.
E’ quindi naturale che crescendo io abbia voluto aspirare a quel ruolo, essere una guida di riferimento per molti imprenditori, scelta per la propria professionalità, preparazione, competenza.
Qualcosa però ad un certo punto è cambiato.
Parlo con gli imprenditori tutti i giorni, e oggi non hanno la medesima opinione del proprio commercialista che avevano una volta i miei genitori.
Tutt’altro.
Il commercialista, da punto di riferimento per tutta la gestione dell’impresa, è ormai colui che si occupa solo degli adempimenti burocratici e fiscali.
In tutta onestà, non credo sia una mera percezione da parte degli imprenditori, ma un dato di fatto.
Secondo lo Studio “L’evoluzione della professione di Commercialista” pubblicato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, il fatturato derivante dai servizi contabili e fiscali di base costituisce più del 61% del fatturato per il 59,10% degli studi professionali.
Documentato consultato in data 30/12/2023
Quindi, nonostante da decenni ormai si parli di specializzazione, e numerosi siano le occasioni di formazione offerte da numerosi enti anche a costi contenuti, queste generano solo in maniera limitata del fatturato.
Sono più chiara.
Una cosa è frequentare uno dei tanti corsi e percorsi di Controllo di gestione, Finanza aziendale, Gestione della crisi, e appendere l’ennesimo certificato alla parete dell’ufficio.
Ben altra è riuscire a proporre, dopo un percorso impegnativo di formazione, servizi di consulenza specifici ad alto valore aggiunto ai propri clienti e riuscire a fatturare (e incassare) laute parcelle.
La maggior parte degli studi professionali continua a fatturare quindi per la gran parte servizi contabili e fiscali di base.
Ne varrà la pena? Scopriamolo assieme
Secondo il “Rapporto 2023 sull’Albo dei Dottori Commercialisti ed esperti contabili” pubblicato dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti , il reddito conseguito mediamente dagli iscritti all’Albo è si aumentato del 13,7% in termini nominali negli ultimi quindici anni, ma in realtà è diminuito di ben il 10% al netto dell’inflazione, senza considerare il fatto che si tratta di importi al lordo di imposte e contributi.
Documentato consultato qui in data 30/12/2023
Quindi possiamo concludere che si, la figura del commercialista è profondamente cambiata negli ultimi anni, e che evidentemente non sono sufficienti corsi e percorsi di specializzazione per ripristinare la reputazione, la fiducia e la soddisfazione economica di una volta.
Quali soluzioni?
Mi occupo di Modelli di Business e di Strategia aziendale da diversi anni ormai, e so per certo che un’attività sana e profittevole che cresca nel tempo, sia in termini di soddisfazioni personali che economiche, basa le proprie fondamenta sui bisogni dei propri clienti.
Ascoltare i bisogni dei propri clienti, e soddisfarli al meglio delle proprie possibilità: questo dovrebbe fare un imprenditore, e quindi anche un libero professionista.
Un esempio su tutti.
Un imprenditore oggi non ha bisogno di chi predisponga per lui la contabilità e la dichiarazione dei redditi, ma un professionista di fiducia che gli insegni a leggere il bilancio per capire come far crescere la propria attività.
Le competenze necessarie sono le medesime, ma il fine è profondamente diverso.
Nel primo caso un commercialista viene percepito come un costo accessorio imposto per legge, dato che per un imprenditore gli adempimenti burocratici non hanno alcun valore: ecco perché per molti commercialisti che si occupano di adempimenti contabili e fiscali è difficile guadagnare in linea con le proprie competenze (lo abbiamo appena visto, numeri alla mano).
Nel secondo caso, invece, nonostante le competenze richieste siano le medesime, si offre un servizio richiesto da molti imprenditori, utile alla gestione della loro impresa, e quindi apprezzato e pagato bene.
Se vogliamo cambiare le cose, dobbiamo quindi cambiare prospettiva.
Da dove cominciare? Cosa fare, nel concreto?
Approfondisco l’argomento qui.
Dott.ssa Assunta Incarnato – Consulente in Strategia aziendale